Spesso le famiglie convivono per mesi, o anni, con i primi segnali di un declino cognitivo senza rendersene conto. Frasi ripetute, piccoli oggetti smarriti, dimenticanze che sembrano “normali” per l’età. In realtà, potrebbero essere sintomi di un disturbo noto come MCI (Mild Cognitive Impairment, in italiano lieve compromissione cognitiva), una condizione sottovalutata ma che può rappresentare il primo passo verso patologie neurodegenerative più gravi, come l’Alzheimer.
A notare per primi questi segnali sono spesso le persone più vicine all’anziano.
Lo conferma anche AES Domicilio Como, agenzia specializzata nella selezione di badanti, che racconta come molti familiari di pazienti affetti da Alzheimer, nel momento in cui si rivolgono all’assistenza, descrivano problematiche cognitive comparse già diversi decenni prima. “Molti figli o coniugi ci dicono che qualcosa non tornava già da tempo: dimenticanze, confusione, ripetizioni. Ma nessuno pensava potesse trattarsi di un problema neurologico”, spiegano dall’agenzia.
È proprio questa sfumatura iniziale, ambigua e silenziosa, che rende l’MCI così difficile da riconoscere e spesso sottovalutato.
Cos’è il declino cognitivo lieve?
Il declino cognitivo lieve si colloca tra la fisiologica perdita di memoria legata all’età e la demenza conclamata. È un disturbo che colpisce prevalentemente le funzioni cognitive superiori, come la memoria recente, l’attenzione, il linguaggio o la capacità di pianificazione.
Chi ne soffre riesce ancora a gestire la vita quotidiana in modo relativamente autonomo: può guidare, fare la spesa, svolgere attività sociali. Tuttavia, qualcosa cambia. Si dimenticano dettagli importanti di conversazioni recenti, si fa fatica a seguire un discorso complesso, si provano frustrazione o ansia in situazioni prima gestibili.
Una condizione che non colpisce solo gli anziani
Un aspetto spesso trascurato è che l’MCI può insorgere anche prima dei 65 anni.
Non è raro che persone professionalmente attive, perfettamente integrate nel contesto familiare e sociale, inizino a sperimentare difficoltà cognitive senza alcuna spiegazione apparente.
In questi casi, il rischio è doppio: da una parte, la persona tende a nascondere o minimizzare il problema; dall’altra, il contesto, compresi i medici di base, può attribuire i sintomi allo stress, alla depressione o alla stanchezza.
Questo porta a ritardi diagnostici significativi, e spesso si arriva alla consapevolezza solo quando la malattia ha già fatto passi avanti.
La diagnosi: tra test e ascolto
Per diagnosticare un MCI è necessaria una valutazione neuropsicologica: una serie di test standardizzati che permettono di misurare il funzionamento della memoria, dell’attenzione, del linguaggio e di altre funzioni cognitive.
Ma ancora prima dei test, è fondamentale ascoltare il racconto di chi vive accanto alla persona. I familiari, i colleghi, gli amici possono fornire indizi preziosi su cambiamenti sottili nel comportamento o nelle performance cognitive, anche se la persona stessa non ne è del tutto consapevole.
È sempre l’inizio della demenza?
No. L’MCI non è una condanna. Studi longitudinali indicano che circa il 30% dei casi può regredire, soprattutto se legato a cause transitorie: depressione, ansia, effetti collaterali farmacologici, disturbi del sonno, problemi tiroidei o carenze vitaminiche.
Tuttavia, in altri casi, soprattutto quelli di tipo amnestico (cioè che colpiscono principalmente la memoria), l’MCI rappresenta un fattore di rischio per lo sviluppo della malattia di Alzheimer o di altre forme di demenza neurodegenerativa.
Prevenire si può?
Non esistono al momento cure farmacologiche specifiche per il MCI. Tuttavia, la ricerca conferma il ruolo protettivo di interventi su stile di vita e stimolazione cognitiva.
Le principali raccomandazioni includono:
- attività fisica regolare,
- dieta mediterranea ricca di antiossidanti,
- controllo delle patologie croniche (ipertensione, diabete, colesterolo),
- attività sociali e culturali,
- allenamento mentale attraverso lettura, giochi cognitivi, apprendimento di nuove competenze.
Dare un nome al dubbio
Il declino cognitivo lieve è una condizione che vive in bilico tra normalità e malattia. Proprio per questo, tende a essere ignorato, minimizzato o confuso con altri disturbi.
Riconoscerlo significa prendersi sul serio prima che sia troppo tardi.
Significa dare voce ai segnali deboli, senza paura né vergogna, e intraprendere, anche da giovani, un percorso di osservazione e, se necessario, prevenzione.
Perché quando si parla di mente, il tempo è una risorsa preziosa.